Il processo tributario finisce nelle spire del Covid diritto.
Un altro lockdown si è abbattuto sui contribuenti con l’articolo 27 del Dl Ristori, quello della giustizia tributaria, astretta in un vicolo cieco in cui sono finiti i giudici e le parti a causa dei ritardi della riforma del processo tributario che si riflette sull’efficienza della struttura organizzativa delle Commissioni. Si è previsto che fino alla cessazione del nuovo stato emergenziale da Covid-19, i Presidenti delle Commissioni tributarie potranno autorizzare le udienze pubbliche, le camerali e le camere di consiglio con collegamento da remoto laddove i mezzi informatici della giustizia tributaria lo consentano. In alternativa, le udienze «passano in decisione sulla base degli atti» salvo che almeno una delle parti non «insista» per la pubblica udienza con istanza alle altre parti. Quindi anche nel secondo periodo di emergenza, la soluzione delle udienze a distanza (per tutti, giudici e parti) e del rinvio se la parte “insiste” per la discussione orale, come già previsto dall’articolo 83 per il rito tributario(e civile) e dagli articoli 84 e 85 del Dl 18/2020 per le altre giurisdizioni nel primo periodo di crisi.
Il punto di rottura sta, però, nel comma 2 dell’articolo 27 per il quale «nonostante si sia chiesta la discussione e non sia possibile procedere mediante collegamento da remoto si procede con la trattazione scritta» con facoltà del difensore di depositare «note scritte di trattazione» nel termine di 10 giorni prima dell’udienza, salvo rinvio a nuovo ruolo ove non possano garantirsi siffatti termini. In sostanza, nel processo tributario si è deciso di introdurre il “contraddittorio cartolare coatto”, ovvero quello “imposto” contro la volontà delle parti che, per scelta difensiva, intendono far differire la causa pur di potersi confrontare direttamente con il Giudice.
La disposizione contrasta con i principi regolatori del giusto processo (articolo 111, comma 2, della Costituzione), il diritto di difesa (articolo 24) ed i diritti fondamentali di cui all’articolo 6, paragrafo 1 della Cedu, come chiarito dalla Corte di Giustizia, dovendo le parti devono avere sempre la possibilità di esporre, qualora lo ritengono, oralmente le loro ragioni, in contraddittorio, e con la garanzia procedurale dell’interlocuzione diretta con il giudice, senza che possano frapporsi ostacoli alla possibilità delle parti di ottenere una revisione, in fatto e diritto, della decisione. La norma contrasta anche con il principio della pubblicità dell’udienza che può essere derogata solo in presenza di particolari ragioni giustificative obiettive e razionali, che non possono rinvenirsi, certo, nella situazione di crisi attuale che non allunga “irragionevolmente” la durata del processo, visto che il differimento alla pubblica udienza, se richiesto, interesserebbe un arco temporale di durata inferiore all’anno. Aspetti che sono stati esaminati, del resto, dal Consiglio di Stato nel fornire l’interpretazione costituzionale adeguatrice dell’articolo 84 del Dl 18/2020 sul rito amministrativo, omologo all’articolo 83 sul rito tributario, nel primo periodo emergenziale (sentenza n. 2359/2020). Di qui la conclusione che La novella è incostituzionale e va riformata e non dovrebbe essere applicata dai Presidenti delle Commissioni tributarie per il rischio delle impugnazioni delle decisioni adottate, nelle more, in contraddittorio cartolare coatto.
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