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Le Fatture inesistenti della società non fondano una rettifica induttiva.

Eventuali fatture inesistenti nella contabilità aziendale  non legittimano l’Agenzia delle Entrate , a seguire una rettifica induttiva, a nulla rilevando che la violazione costituisca reato. Tale principio è stato fornito dalla corte di cassazione con la sentenza 20149/2021. Il caso è partito dal controllo dell’Agenzia delle Entrate su una Srl, per alcuni acquisti ritenuti inesistenti,  che con una rettifica induttiva pretendeva maggiore Ires, Iva e Irap, senza giustificare un accertamento induttivo. 

Sia la Commissione tributaria provinciale sia quella regionale, confermavano la legittimità della rettifica, in particolare i giudici ritenevano che l’avvenuta apposizione in contabilità di costi inesistenti, costituendo violazione penale, rappresentava un legittimo presupposto per ritenere inattendibile la contabilità e giustificare la rideterminazione della contabilità in via induttiva. Nel ricorso per Cassazione la Srl ribadiva l’assenza dei presupposti per la rettifica induttiva e che le fatture inesistenti avrebbero al massimo potuto portare ad una mancata deducibilità del costo e della detrazione dell’Iva. 

La Suprema corte ha accolto il ricorso, rilevando che la metodologia induttiva può essere attivata solo ricorrendo precise condizioni caratterizzate da irregolarità estremamente gravi e che nel caso specifico non vi erano motivazioni per desumere l’inattendibilità dell’intera contabilità, visto che le operazioni analizzate sono state intraprese con un unico forniture e con percentuale minima rispetto al volume totale dei ricavi.

 

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