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Pubblicato in Gazzetta Ufficiale la nuova definizione di crisi d’impresa e dei suoi indicatori

Il 5 novembre 2020,  è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147 contente disposizioni integrative e correttive a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 8 marzo 2019, n. 20, al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, recante codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155 (c.d. Decreto correttivo del Codice della crisi e dell’insolvenza). Tra le novità si evidenzia, la competenza esclusiva in capo agli amministratori dell’istituzione degli assetti organizzativi dell’impresa, la nuova definizione di crisi d’impresa e dei suoi indicatori nonché l’innalzamento delle soglie rilevanti ai fini dell’attivazione della c.d. allerta esterna da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza è stato emanato con il D.Lgs n. 14/2019 prevedendo come data di ingresso in vigore il 15 agosto 2020, esclusa la parte novellata dal codice civile in vigore già dal 16 marzo 2019. Tuttavia, per via delle ripercussioni che l’emergenza Covid-19 ha avuto sul tessuto economico, l’entrata in vigore è slittata al 1° settembre 2021 ad opera del c.d. Decreto “Liquidità”.

Facendo riferimento in parte al testo vigente prima della riforma entrata in vigore dal 16 marzo 2019, si precisa ora che l’istituzione degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili funzionali alla tempestiva emersione della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale spetta esclusivamente agli amministratori, con una chiara distinzione tra i profili attinenti alla gestione dell’impresa, che nelle società di persone e nelle s.r.l. è in parte assegnata ai soci, da un lato, e profili organizzativi dell’attività d’impresa, che sono di esclusiva spettanza all’organo gestorio, dall’altro.

Il decreto correttivo elimina dalla nozione della definizione di stato di crisi, il riferimento alla “difficoltà economico-finanziaria” per attribuire invece rilievo allo “squilibrio economico-finanziario” idoneo a rendere probabile l’insolvenza del debitore,  riducendo il rischio di segnalazioni eccessivamente anticipate. In maniera coerente, si prevedono quali indicatori della crisi gli squilibri di carattere redditualepatrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della non sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e dell’assenza di prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o nei sei mesi successivi se la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi. Sono reputati indici significativi quelli che misurano la non sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’inadeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi.

Allo scopo di limitare le segnalazioni da parte dei creditori c.d. istituzionali, il decreto correttivo aumenta le soglie rilevanti ai fini dell’attivazione della c.d. allerta esterna da parte dell’Agenzia delle Entrate, richiedendo a tal fine un’IVA non versata per 100.000 euro per le imprese con un volume d’affari risultante dalla dichiarazione per l’anno precedente non superiore a 1 milione di euro, per 500.000 euro per le imprese con un volume d’affari fino a 10 milioni di euro e per 1 milione di euro per le imprese con un volume d’affari superiore a 10 milioni di euro.

Anche il procedimento relativo alla c.d. allerta interna è modificato prevedendosi, in particolare, che il referente presso la Camera di commercio dia notizia della segnalazione ricevuta dall’organo di controllo o dai creditori istituzionali anche al revisore contabile o alla società di revisione. Inoltre, al fine di facilitare il rapporto tra l’imprenditore in crisi e il collegio dell’organismo di composizione della crisi (OCRI) si stabilisce ora che uno dei tre esperti componenti il collegio sia designato dall’associazione rappresentativa del settore di riferimento del debitore, scegliendo tra tre nominativi indicati da quest’ultimo.

Gli esperti che compongono il collegio dell’OCRI saranno scelti all’interno di un Albo istituito presso il Ministero della Giustizia, inizialmente formato dai professionisti che hanno assunto negli ultimi quattro anni l’incarico di curatore fallimentare, commissario giudiziale o liquidatore in almeno due procedure e non più quattro.

E’ da segnalare, tra le novità  maggiori, l’estensione al concordato preventivo della norma che consente l’omologazione nonostante la mancata adesione dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento della maggioranza per l’approvazione, a condizione, tuttavia, che la proposta di soddisfacimento di tali creditori istituzionali sia conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. In aggiunta, sia nell’ambito delle trattative che precedono la stipulazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti sia con la redazione del piano concordatario si consente al debitore la facoltà di proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza, assistenza e assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti.

 

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